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Renato Guttuso diceva che un artista non dovrebbe mai tradire il rapporto di comunicazione col suo pubblico. L'arte, cioè, dovrebbe raccontare sempre la vita senza filtri ed infingimenti. Di questo assioma è rimasto un fedele interprete Enzo Di Franco, il cui linguaggio pittorico si è sempre caratterizzato per l‘immedita schiettezza. Oltre quarant'anni di pittura vissuti con grande coerenza stilistica, stagioni esistenziali e creative che si sono succedute lungo un preciso filo conduttore: fissare sulla tela personaggi e paesaggi, stati d'animo e atmosfere con la forza delle semplicità. Il figurativo, dice Enzo Di Franco, è tutt'altro che finito. Anzi, ha ancora enormi potenzialità espressive. E il pittore siciliano da un bel pò di lustri le sta via via esplorando, allargando il suo raggio d'osservazione a storie, realtà, temi che meritano di essere rappresentati e raccontati. La vita agreste, l'epopea della tonnare, i mercati popolari, le feste tradizionali sfilano in un'ideale galleria di immagini e di colori, e costituiscono il suo mondo poetico. Proviamo a ripercorrere l'itinerario artistico di Enzo Di Franco, a cominciare dal suo soggiorno a Milano negli anni Settanta con le prime mostre e i primi risultati di una ricerca estetica che parte dal post-impressionismo e soprattutto da Paul Cézanne. Una ricerca che intende la pittura come emozione, come luce, come "capacità di far sentire l'aria". Sono di quegli anni le vedute in cui predominano cromatismi più sfumati – il color ocra, il verde tenue, il grigio – attraverso cui l'artista raffigura, dipingendo "en plein air", la campagna alcamese e i paesi devastati dal terremoto del Belice.
La nostalgia della Sicilia indirizza l'artista verso la rievocazione di cose e persone del proprio substrato culturale: una tensione ideale, questa, che per Di Franco continua anche dopo il rientro nella sua Alcamo. E' la stagione artistica dei "luoghi della memoria", titolo che ben etichetta le sue opere dei primi anni Ottanta: le vie, i campanili, i tetti della sua città, ma anche gli scorci di Erice e di Segesta, sono rivisitati con pathos e con la speranza che il patrimonio del passato sopravviva all'appiattimento del futuro. Progressivamente lo sguardo di Enzo Di Franco si apre su altre suggestioni dell'immaginario siciliano: gli orizzonti marini, le barche ormeggiate nel porto, il lavoro dei pescatori. Lo spirito d'osservazione mutuato dalla sua formazione scientifica (Di Franco è laureato in geologia e per anni ha insegnato matematica) s'intreccia con la sensibilità lirica del pittore. A questi due aspetti della sua personalità si aggiunge una curiosità quasi da antropologo per i riti popolari, le sagre paesane, le tradizioni culturali.
Alla sua prima mostra all'estero (Basilea, 1991) Enzo Di Franco espone le sue prime tele sull'epopea delle tonnare: un tema, questo, che approfondirà lungo tutti gli anni Novanta. I preparativi nell'antica camperia, l'ansia dell'attesa, la "passa" dei tonni, le reti che si gonfiano, le aste uncinate che si protendono, la vita e la morte che si scontrano. Tutto questo rivive in una sequenza di facce, di gesti, di stati d'animo. Per conservare la memoria storico di questo autentico paradigma della tradizione marinara mediterranea, Di Franco elabora un progetto culturale che in chiave multimediale integra la pittura con la fotografia, il video con le "cialome" (gli antichi canti dei tonnaroti), e con il racconto orale. Ed in questo senso si rivela anche un abile affabulatore. Questo progetto itinerante tocca Città del Mare, Alcamo, Ischia, Budrio, Ferrara, Castenaso, Sansepolcro, Città di Castello, Gubbio e soprattutto Budapest dove la mostra rimane per sei mesi, tra il '96 e il '97. E poi Latina, Palestrina, Trapani, Anghiari, Arezzo, Asolo, Todi . La rappresentazione della mattanza, in tutte le sue fasi, è una tappa fondamentale del viaggio di Enzo Di Franco nell'universo siciliano alla ricerca della sua intima essenza: colori ed umori, drammi e speranze, volti e risvolti dell'Isola. In questa esplorazione umana ed estetica della Sicilia l'artista Di Franco avverte il fascino delle fiere e dei mercati popolari: la curiosità della gente, la variopinta abbondanza delle stoffe, della frutta e dei fiori, la gestualità dei venditori. Un campionario di varia umanità, un caleidoscopio di istantanee, uno spontaneo teatro del quotidiano. E dopo essersi calato in quest'atmosfera per registrarne rituali antichi eppure attuali, il pittore alcamese si proietta verso altre realtà popolari per coglierne analogie e differenze con la tradizione siciliana. Ecco dunque il mercato della Bassa padana o di Basilea o di Budipest, il mercato dal nome pittoresco come la Vucciria o semplicemente anonimo, nella scenografia di un centro storico o di una periferia urbana. Qui e di là Di Franco trova un patrimonio di vitalità, di fantasia, di diversità e pensa bene di raffigurarlo quasi per preservarne la memoria da mode consumistiche ed da orientamenti economici che omologano ogni cosa. In tempi di globalizzazione, di ipermercati in serie, di discount tutti uguali, il suo impegno di artista assume una valenza di testimonianza civile. Ce ne è abbastanza per realizzarne una nuova mostra monotematica da portare in giro per l'Italia. E andando di città in città Di Franco trova ispirazione nel variegato paesaggio italiano – il centro storico di Ferrara, le marine d'Ischia, le città turrite della Valtiberina – e scopre altre espressioni di cultura popolare, lasciandosi sedurre dai caroselli di tipo medievale e dai raduni di mongolfiere. In queste manifestazioni il colore dilaga e Di Franco non perde l'occasione di raffigurare lo spettacolo degli sbandieratori di Gubbio e Sansepolcro e dei palloni aerostatici di San Zeno e di Cassola. Ma, per dirla con Vincenzo Consolo, ogni uomo, e soprattutto ogni artista, è un "ulisside" che naviga verso nuovi orizzonti ma sogna sempre il ritorno alle proprie radici. Così Di Franco ritrova, in questa nuova fase creativa, le atmosfere e i paesaggi a lui più familiari e cari. Riscopre – ora con cromatismi più forti e decisi – le sue colline e ne raffigura i vigneti, gli ulivi, i fichi d'india, gli antichi bagli.E sullo sfondo di questo scenario naturale evoca i riti e i ritmi del mondo contadino di un tempo. Un mondo rurale che fa da contraltare a quello marinaro. I vendemmiatori da un lato, i pescatori dall'altro. I due versanti della civiltà siciliana del lavoro scorrono così su due binari paralleli, costituendo per Di Franco i due grandi filoni tematici della sua pittori, di cui questo catalogo rappresenta la sintesi ideale.
Altre sorprese ci riserveranno le pennellate nette e sicure di Di Franco. Lungo il suo itinerario artistico si profilano altri luoghi da descrivere, altre storie da raccontare. Il viaggio del nostro amico Enzo continua.
di Ernesto Di Lorenzo